Di Giacomo Michele, soprannominato “Chiccariello”, *mugnaio *nato a Sala intorno al 1818/1819 da Angelo Di Giacomo.
Michele fu condannato con sentenza del 4 maggio 1863, pronunciata dal Tribunale Militare di Salerno, a 6 mesi di carcere ordinario e alle spese processuali perché “convinto del reato di subornazione alla diserzione”. Con lui fu condannato anche Antonio Labriola, sempre di Sala, che aveva aiutato Di Giacomo nei mesi di aprile e maggio 1862 a convincere ed “eccitare alla diserzione i soldati Giuseppe Andreoni e Covella Francesco appartenenti al 61° Reggimento fanteria allora stanziato a Sala”.
I due avevano avvicinato i militari facendogli presente che una banda di briganti formata da molti uomini si trovava sulle montagne circostanti al Comune e che stavano per assaltarlo. Forse per intimorirli, i due dissero anche che tra gli obiettivi della banda c’era quello di uccidere tutti i militari e, per rendere ancora più credibile le loro affermazioni, si offrirono di procurare gli abiti civili per favorire la loro diserzione. I militari, che forse avevano già preparato precedentemente il tranello, confessarono tutto al loro capitano e i due salesi furono arrestati.
Dopo la condanna, Michele Di Giacomo fece ricorso in appello ed il suo avvocato contrastò la sentenza del Tribunale militare di Salerno. Fu infatti dichiarato che vi era stata la violazione di alcuni articoli del codice penale militare in quanto alcuni testimoni chiamati al processo non si erano presentati, mentre i soldati chiamati a testimoniare furono gli stessi che denunciarono il Di Giacomo al loro superiore, quindi, erano di parte ed erano anche caduti in contraddizione con le deposizioni che avevano messo a verbale. Questi militari, continuava l’avvocato difensore, anche se indicati dal Tribunale come quelli su cui; venne praticata o tentata l’insubordinazione, avrebbero invece teso insidie all’imputato per coglierlo di sorpresa parlandogli del loro disgusto per il servizio militare e della loro intenzione di disertare;. Tutto secondo il piano architettato dal loro capitano, che aveva intenzione di incastrare i sostenitori dei briganti.
Anche alcune persone di Sala Consilina furono chiamate a testimoniare, tra cui Dorotea Focarile e Giacomo Perotti, sui quali l’avvocato che difendeva Michele Di Giacomo disse che non erano stati interrogati sulle loro generalità e grado di parentela con l’accusato, quindi non erano da ritenersi valide le loro deposizioni. Il ricorso, seppur articolato, venne smontato in ogni punto dai giudici della Corte d’Appello, che lo rigettò il 23 luglio dello stesso anno con il dire che “Il Tribunale, anziché esser caduto in contraddizione, fu coerente a se stesso nel dedurre che il Di Giacomo era responsabile del reato imputatogli”.
dalle ricerche di Mes Lastoriadipadula
(Miguel Enrique Sormani)
Bella storia sicuramente d’approfondire. Una precisazione (da verificare), mi risulta che nel 1819 il 21 di giugno Angelo di Giacomo ebbe un figlio da Girolama Cava ma era di sesso femminile e chiamata Maria Arcangela. Quindi se è vero quello che sostengo di certo non era nato nel 1819.
(Fernando Pepe)
Mi sono basato su queste indicazioni:
(Miguel Enrique Sormani)
Del padre Angelo Di Giacomo so ch’era morto nel 1820 all’età dichiarata di 28 anni:
(Fernando Pepe)
Quindi a questo punto posso anche dire che a 18 anni (più o meno) era diventato padre. Quindi Michele era nato nel 1810 a San Raffaele nei pressi del palazzo Vescovile:
(Fernando Pepe)
1 dicembre 1870 La banda non era tanto tenera:
(Angelo R. Donadio)
Lascia un commento
Per commentare devi registrarti o accedere.