È una storia triste, fatta di povertà, di guerre, di speranze, di saluti diventati addii e mai più ritorni, ma anche di promesse mantenute e di piccole gioie.
Questa in foto è la mia cara “zietta“, sorella di mio padre, Santina Petrocelli.
Il destino volle che si ammalasse, della allora terribile tubercolosi, a cavallo della seconda guerra mondiale. Mia nonna, all’epoca già vedova, su suggerimento di un medico di Sala decise di farla trasferire in Trentino per farla curare in una clinica del posto. Purtroppo da lì a poco le sue condizioni peggiorarono fino a portarla alla morte, all’età di soli 19 anni.
Per una serie di circostanze avverse le sue spoglie non furono mai più trasferite qui da noi a Sala.
La madre, i fratelli e le sorelle non la rividero mai più, né da viva e mai più neanche da morta.
Mia zia fu sepolta lì in Trentino, ma mai nessuno della mia famiglia aveva saputo con precisione dove.
Le suore di quell’ospedale, che si presero cura di lei fino ai suoi ultimi istanti di vita, rispedirono alla mamma i suoi pochi effetti personali e la sua lunga bellissima treccia di capelli che portava.
Mio padre mi aveva sempre raccontato questa storia, del dolore che aveva accompagnato mia nonna per il resto della sua vita e del suo grande rammarico di non essere riuscito mai a portare un fiore alla povera sorella.
Gli promisi che lo avrei fatto io!
Con la caparbietà che mi contraddistingue cominciai la mia ricerca. Una serie di circostanze favorevoli e quei pochi ricordi di papà mi portarono ad Arco Di Trento. Presso gli uffici di quel comune trovai tutte le informazioni che stavo cercando: luogo, causa e data del decesso, ma soprattutto il posto dove era stata sepolta.
Erano passati troppi anni e naturalmente la ritrovai nell’ossario comune del cimitero della cittadina Trentina.
A nome di tutta la mia famiglia il fiore le fu ugualmente donato.
Forse il più bel regalo che sono riuscito a fare a mio padre alcuni anni prima della sua morte.
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