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Palazzo Acciari Vesci

  • Particolare 2
  • foto1 Fernando Pepe
  • foto 2 A proposito di briganti
  • foto 3 Briganti a Palazzo Acciari

Descrizione

Il palazzo Acciari-Vesci fu nel 1863 teatro di un storia di brigantaggio.
In quel periodo il palazzo era abitato da poco meno di 10 persone compresa la servitù. Il capo della famiglia era un certo Pietro rimasto vedovo con due figli Vincenzo e Felice. Il primo era sposato con Angela Mugnolo, il secondo era un prete.
In quell’anno imperversava, tra l’altro, la banda dei cugini Masini di Marsicovetere: Angelantonio (detto Ciuccoloe Nicola (detto Colicchione); spinti dalla repressione dei piemontesi i cugini furono costretti a spostare il loro centro d’azione nel Vallo di Diano. Fu così che i Masini vennero in contatto con gli Acciari, il loro palazzo godeva di un’ottima posizione, varie vie di fuga, nascondigli perfetti, feritoie per respingere eventuali assalti, nonché garantiva una sufficiente dose di riservatezza. Per gli Acciari i motivi per cui ospitarono i briganti potevano essere vari: comunanza di ispirazione filoborbonica, paura di veder depredati i loro beni oppure, molto più probabile, venivano pagati bene dai briganti
Verso la fine del 1863 la banda Masini, composta da poco meno di 50 componenti, agì sul territorio di Sala Consilina appiccando incendi, rubando armi e animali e depredando masserie.
Per tutto l’inverno i Masini vissero nel palazzo Acciari con le loro donne: Maria Rosa Marinelli (compagna di Angelantonio) e Filomena Cianciarulo (compagna di Nicola). Il palazzo fu perquisito più volte dai piemontesi senza trovare nulla. Nel 1864 Filomena Cianciarulo diede alla luce una bambina, dopo che fu battezzata da Felice Acciari venne abbandonata nella “ruota degli esposti” del paese.
Successivamente i Masini trovarono rifugio presso la masseria del salese Vincenzo Addobbato.
A causa del tradimento di tale Gerardo Ferrara (salese) i Masini furono uccisi nel 1864 e la banda si sciolse.

La storia si concluse con la condanna dei fratelli Vincenzo e Felice Acciari a 20 anni di lavori forzati e Silvestro Addobbato a 15 anni.
(tratto dal libro: “Briganti a Palazzo Acciari, di Alfonso Vesci”)

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Negli anni successivi cominciò a circolare a Padula una filastrocca sui Masini e le loro compagne:

Maria Rosa beltà divina
tutt’u munn a te s’nchina
Tein ‘na vest r’ seta fina
ca t’ha fatt’ u caru Masin
Tien li scarp’ r’ pell prigiata
ca cumpa’ Masin t’ha rialat
Tien’ nu vantsin r seta Gregorio
ca t’ha cusut cumpa’ Vittorio
Tien li trezz bell e durat
e tutt u’ riest è comm na fata
Ind’ a la camer’ r Masino
C’è na lampada mortacina
Ohi Masino mio stamn attiend
ca stasera c’è trar’miend
Maria Rosa mia statt’sicura
ca ‘a casa ru cumpar nun c’è paura
All’intrasatt s’apriu la porta
e Masin’ sbiancau comm’ a la mort
Si Masin ‘na cosa ‘e chesta sapia
a chiesa e San Martin l’abbattia
e Maria Rosa pronta e lesta
s’ menau pe la f’nesta
Pe’ cumpa’ G’lard lu traditor
Masin perdiu la vita e l’onor
Fu strasc’nat p’ dret e p’ nnand
e ch’est è la fin r lu brigand

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Briganti Salesi:

Pietro Antonio Spinelli
Pietro D’Alto
Carmine Tuozzo detto “Arace
Simone Saturno
Vincenzo Lapelosa
Giuseppe La Sala detto “Ciamma” e “Brigantiello
Vincenzo Lobosco
Neuton Esposito Bosco
Giuseppe e Angelo Di Giacomo
Carmine Brienza
Michelangelo Coppa
(Giancarmine Caputo)

Particolare 2 di palazzo Acciari-Vesci dove, nel 1863, dimorarono alcuni briganti tra cui Angeloantonio Masini, terzo tra i massimi ricercati dopo Carmine Crocco e Ninco Nanco. Su di lui pesava una taglia di 12.300 lire (circa 62.000 euro di oggi).

Per questo reato fu accusato e condannato l’ultimo componente della famiglia Acciaro, con suo figlio prete. Dopo la famiglia è praticamente scomparsa e cancellata dalla memoria dai salesi.

La famiglia Vesci entrò in possesso, successivamente, del palazzo, forse un acquisto tramite il tribunale.
(Antonio Wancolle)A proposito di briganti:
foto 1 – Brigantessa
foto 2 – Lettera di Giuseppe Miele
foto 3 – Copertina di “Briganti a Palazzo Acciari”  (Alfonso Vesci) – In questo libro di Alfonso Vesci, tra l’altro, c’è la descrizione di come il palazzo fosse comunicante, con una galleria, al palazzo di mio nonno ed io da piccolo, un poco alla volta e con grande paura, riuscii a farne tutto il percorso.
(Fernando Pepe)Aggiungo un ricordo: a Sant’Angelo in Fonte vi sono dei ruderi di un monastero di suore cistercense del XIV secolo. Il monastero è costruito attorno ad una grotta dove all’interno vi è una fonte battesimale. Qualcuno, tanti anni fa, mi disse che in questa grotta i briganti avevano costruito una galleria per sfuggire alle guardie. La galleria sbucava oltre le montagne, nella provincia di Potenza, e nella loro ultima fuga i briganti murarono l’ingresso. Da ragazzo entrai in questa grotta e in un punto mi sembrò di vedere una parte che poteva ricordare un muratura.
Oltre le montagne vi è il Comune di Marsicovetere, il paese della banda Masini. Non so quanto ci sia di vero in tutto questo, anche se affascinante, forse è solo leggenda!(Giancarmine Caputo)Sia la figlia della brigantessa Cianciarulo, nata nel palazzo Acciari, sia il futuro soldato Giovanni Martini furono abbandonati nella ruota degli esposti.La ruota degli esposti fu ideata da Papa Innocenzo III nel 1200. Era una bussola girevole di forma cilindrica, di solito costruita in legno, divisa in due parti: una rivolta verso l’esterno e una verso l’interno. Attraverso uno sportello, era possibile collocare gli esposti, cioè i neonati abbandonati, senza essere visti dall’interno. Facendo girare la ruota, essa andava a combaciare con un’apertura all’interno, dove lo sportello veniva aperto e al neonato potevano essere assicurate le cure necessarie. Spesso vicino alla ruota vi era una campanella, per avvertire chi di dovere di raccogliere il neonato, ed anche una feritoia nel muro, una specie di buca delle lettere, dove mettere offerte per sostenere chi si prendeva cura degli esposti. Per un eventuale successivo riconoscimento da parte di chi l’aveva abbandonato, al fine di testarne la legittimità, venivano inseriti nella ruota assieme al neonato monili, documenti o altri segni distintivi.
(da Wikipedia)

Particolare di palazzo Acciari-Vesce dove, nel 1863, dimorarono alcuni briganti tra cui Angeloantonio Masini, terzo tra i massimi ricercati dopo Carmine Crocco e Ninco Nanco. Su di lui pesava una taglia di 12.300 lire (circa 62.000 euro di oggi).
(Giancarmine Caputo)

Per questo reato fu accusato e condannato l’ultimo componente della famiglia Acciaro, con suo figlio prete. Dopo la famiglia è praticamente scomparsa e cancellata dalla memoria dai salesi.
La famiglia Vesci entrò in possesso, successivamente, del palazzo, forse un acquisto tramite il tribunale.
(Antonio Wancolle)

Il palazzo Vesci era di proprietà della famiglia Vannata e andò in dote a Teresa Vannata coniugata Vesci
(Annarita Rossomando)

E quando i due fratelli Acciaro, condannati ad un bel po’ di anni, furono portati in carcere gli fecero fare un lungo tragitto a piedi per le strade del paese con le manette ai polsi. Forse una sorta di deterrente per gli altri cittadini conniventi con i “briganti”.
(Fernando Cappelli)

 

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