La storia si concluse con la condanna dei fratelli Vincenzo e Felice Acciari a 20 anni di lavori forzati e Silvestro Addobbato a 15 anni.
(tratto dal libro: “Briganti a Palazzo Acciari, di Alfonso Vesci”)
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Negli anni successivi cominciò a circolare a Padula una filastrocca sui Masini e le loro compagne:
Maria Rosa beltà divina
tutt’u munn a te s’nchina
Tein ‘na vest r’ seta fina
ca t’ha fatt’ u caru Masin
Tien li scarp’ r’ pell prigiata
ca cumpa’ Masin t’ha rialat
Tien’ nu vantsin r seta Gregorio
ca t’ha cusut cumpa’ Vittorio
Tien li trezz bell e durat
e tutt u’ riest è comm na fata
Ind’ a la camer’ r Masino
C’è na lampada mortacina
Ohi Masino mio stamn attiend
ca stasera c’è trar’miend
Maria Rosa mia statt’sicura
ca ‘a casa ru cumpar nun c’è paura
All’intrasatt s’apriu la porta
e Masin’ sbiancau comm’ a la mort
Si Masin ‘na cosa ‘e chesta sapia
a chiesa e San Martin l’abbattia
e Maria Rosa pronta e lesta
s’ menau pe la f’nesta
Pe’ cumpa’ G’lard lu traditor
Masin perdiu la vita e l’onor
Fu strasc’nat p’ dret e p’ nnand
e ch’est è la fin r lu brigand
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Briganti Salesi:
Pietro Antonio Spinelli
Pietro D’Alto
Carmine Tuozzo detto “Arace“
Simone Saturno
Vincenzo Lapelosa
Giuseppe La Sala detto “Ciamma” e “Brigantiello“
Vincenzo Lobosco
Neuton Esposito Bosco
Giuseppe e Angelo Di Giacomo
Carmine Brienza
Michelangelo Coppa
(Giancarmine Caputo)
Particolare 2 di palazzo Acciari-Vesci dove, nel 1863, dimorarono alcuni briganti tra cui Angeloantonio Masini, terzo tra i massimi ricercati dopo Carmine Crocco e Ninco Nanco. Su di lui pesava una taglia di 12.300 lire (circa 62.000 euro di oggi).
Per questo reato fu accusato e condannato l’ultimo componente della famiglia Acciaro, con suo figlio prete. Dopo la famiglia è praticamente scomparsa e cancellata dalla memoria dai salesi.
Particolare di palazzo Acciari-Vesce dove, nel 1863, dimorarono alcuni briganti tra cui Angeloantonio Masini, terzo tra i massimi ricercati dopo Carmine Crocco e Ninco Nanco. Su di lui pesava una taglia di 12.300 lire (circa 62.000 euro di oggi).
(Giancarmine Caputo)
Per questo reato fu accusato e condannato l’ultimo componente della famiglia Acciaro, con suo figlio prete. Dopo la famiglia è praticamente scomparsa e cancellata dalla memoria dai salesi.
La famiglia Vesci entrò in possesso, successivamente, del palazzo, forse un acquisto tramite il tribunale.
(Antonio Wancolle)
Il palazzo Vesci era di proprietà della famiglia Vannata e andò in dote a Teresa Vannata coniugata Vesci
(Annarita Rossomando)
E quando i due fratelli Acciaro, condannati ad un bel po’ di anni, furono portati in carcere gli fecero fare un lungo tragitto a piedi per le strade del paese con le manette ai polsi. Forse una sorta di deterrente per gli altri cittadini conniventi con i “briganti”.
(Fernando Cappelli)
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